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COPYRIGHT 2018
COME COMINCIA
Benvenuti! Mi chiamo Agata, ho 39 anni
e nel 2015 mi è stato diagnosticato un
tumore al seno.
Scritta in questo modo sembra faccia
parte di un gruppo tipo alcolisti anonimi,
e forse, in parte è così.
Ma non dobbiamo dimenticare che
chiunque ha avuto a che fare con il
cancro, direttamente o indirettamente.
Sentirsi “diverse” o “sfigate” o chiedersi
“perchè a me” sono atteggiamenti che
non aiutano.
E ve lo scrive una che se deve guardare il
bicchiere, lo vede(va) quasi sempre
mezzo vuoto.
Parte 1: prima della
malattia
Prima della diagnosi la mia vita trascorreva tra lavori
precari1, poca attività fisica, tanti dolci, buone amiche,
un fidanzato2 con cui pensavo di costruire un solido
rapporto di coppia e una madre pessimista e
lamentosa di cui prendermi cura.
Mio padre era morto per un tumore ai polmoni
quando avevo 15 anni, per cui credevo di aver dato
abbondantemente per la legge del contrappasso.
Caratterialmente sono sempre stata molto incerta,
molto paurosa e molto ansiosa, non avrei preso una
medicina neanche sotto tortura, ed ero contrarissima
alla chemioterapia.
Non rientrando nell’età della Prevenzione Serena3 per
la mammografia, da un paio di anni mi sottoponevo
all’ecografia mammaria - a mie spese - su
suggerimento di una ginecologa, perchè mia nonna
materna aveva avuto un tumore al seno.
Da un po’ di tempo mi ero accorta di un rigonfiamento
strano, ma essendo il mio seno pieno di cisti, non ci
feci caso più di tanto.
LA NUOVA VITA
LA MIA STORIA: QUANDO IL CANCRO TI CAMBIA
Lavoro/Precaria
Ebbene sì, ero una precaria, e lo sono stata per
moltissimi anni, facendo mille lavori con contratti di tutti
tipi e…anche senza.
Ma anche se avete un lavoro fisso, ricordatevi che siete
voi e non il vostro lavoro, quindi focalizzatevi sulla vostra
persona per stare bene.
Riconoscetevi in ciò che siete, non in quel che fate. Sono
Agata e faccio la copywriter, la web master, la formatrice,
l’impiegata…e chissà cos’altro!
Fidanzato
Prima c’era e adesso non c’è. In realtà credo non
ci sia mai stato. Sappiate che non siamo sicuramente noi
il sesso debole. E se il vostro compagno/marito/fidanzato
si dà alla macchia in una situazione così delicata vi sta
facendo un favore: sarebbe solo d’intralcio se non vi
sostiene e non vi incoraggia e se non lo fa vuol dire che
non vi ama. E ve lo scrivo per esperienza personale.
Prevenzione Serena
E’ il programma di diagnosi precoce gratuita dei tumori
della mammella, del collo dell’utero e del colon-retto
messo a punto dalla Regione Piemonte per tutelare la
salute dei suoi cittadini.
Tuttavia, soprattutto per i tumori della mammella, a mio
parere si dovrebbero rivedere le fasce d’età con cui si
accede alla diagnosi precoce gratuita o quantomeno
inserire l’ecografia mammaria come screening per le più
giovani.
Parte 2:
Scoperta, Diagnosi,
Rifiuto della Malattia
(da parte di mia madre)
e accettazione
Il
31
marzo
2015
cambiò
la
mia
esistenza.
Andai
a
fare
l’ecografia
mammaria
in
un
centro
diagnostico
e
da
lì
si
vide
che qualcosa non andava.
Il
dottore
mi
fece
ritornare
nel
pomeriggio
per
la
mammografia,
la
prima
della
mia
vita.
L’esame
confermò
quel che io e il medico sospettavamo: avevo un cancro.
Il
ricordo
di
quel
giorno
è
piuttosto
confuso,
così
come
quello
che
feci
nei
giorni
successivi.
Quel
che
però
ricordo
bene,
fu
la
reazione
che
ebbero
mia
madre
e
il
mio
fidanzato
di
allora,
quando
comunicai
la
prima
parte
dell’esito,
in
cui
poteva
esserci
qualcosa
di
grave.
Mia
madre
fece
finta
di
non
capire,
o
non
capì,
e
vista
la
sua
attitudine
al
pessimismo,
quando
ebbi
la
certezza
di
quel
che
avevo,
le
nascosi
tutto
fino
a
poco
prima
dell’intervento:
non
avrei
di
certo
potuto
gestire
la
sua
paura,
perchè
dovevo
pensare
alla
mia.
Il
mio
“fidanzato”,
invece,
mi
sgridò,
perchè
pensavo
sempre
al
peggio.
In
ogni
caso,
quando
ebbe
conferma,
non
mi
consolò,
non
mi
supportò
e
non
mi
diede
coraggio.
Nei
giorni
seguenti,
quando
mi
sottoposi
alla
biopsia
ed
ebbi
il
risultato
ufficiale,
solo
allora
io
presi
coscienza
di
quel
che
mi
stava
capitando.
E
da
quel
momento
l’istinto
di
sopravvivenza
e
l’adrenalina
fecero
il
resto.
Parte 3:
i discorsi allo specchio,
la Brest Unit e le domande
Quando
tutto
mi
fu
chiaro,
dopo
lo
shock
iniziale,
dopo
i
pianti,
e
dopo
le
crisi
isteriche,
mi
fermai
e
mi
attrezzai
emotivamente
per
quanto
meglio
potevo.
Partii
da
me:
misi
me
stessa
al
centro
del
mio
mondo
e
della
mia
vita,
facendomi
brevi
discorsi
di
incoraggiamento.
C’è
l’avrei
fatta
sicuramente.
Non
ero
in
pericolo
di
vita.
L’intervento
sarebbe
andato
bene.
Ero
sana.
Soprattutto
quest’ultima
frase,
riuscii
a
inculcarmela
in
testa
grazie
al
fatto
che
non
avevo
alcun
sintomo,
per
fortuna,
nessun
dolore.
L’importante
era
esserne
convinti,
fino
a
crederci,
fino
a
far
credere
al
tuo
cervello
e
al
tuo
corpo
di
stare
bene.
Non
mi
sono
mai
considerata
malata.
Agire
e
pensare
come
se
fosse così.
Entrai
nella
Brest
Unit,
il
“percorso
unico
diagnostico,
terapeutico
e
assistenziale
che
accompagna
la
donna
colpita
da
tumore
al
seno”,
così
viene
definito
dalla
Regione
Piemonte.
In
realtà,
vieni
sballottata
da
un
ospedale
all’altro,
da
un
esame
all’altro
per
capire
quale
tipo
di
tumore
hai,
qual
è
il
tuo
stato
di
salute,
quale
intervento
conviene
eseguire.
Entri
in
un
ingranaggio
fatto
di
step,
insieme
ad
altre
“colleghe”
con
il
tuo
stesso
problema. Ma l’importante è attrezzarsi. A ogni
esame,
a
ogni
medico,
chiedevo
il
tipo
di
esame
a
cosa
serviva
e
in
genere
mi
presentavo
con
una
lista
di
domande
se
avevo
dei
dubbi.
A
volte
andava
bene,
trovavo
medici
comprensivi,
a
volte
no.
E
in
quel
caso
cercavo
altre
soluzioni,
altri
medici,
altri
infermieri.
Il
passaparola
e
i
contatti
sono
importanti,
anche
in
queste
situazioni.
Chiedete
sempre
e
comunque
a
chiunque
reputate
che
possa
aiutarvi
a
dipanare
la
nebbia
nella
vostra
testa.
Ricordatevi
che
la
vita
è
vostra
e
se
non
ve
ne
occupate
voi
in prima persona nessuno lo farà.
Parte 4:
quel che è meglio per te
Conoscere, ma non troppo
Essendo sempre stata avida di sapere, curiosa e
soprattuto ansiosa, avere chiare determinate dinamiche in
parte mi tranquillizzava. Documentarmi, chiedere pareri e
navigare su internet ovviamente ha i suoi pro e i suoi
contro. Cercate risposte alle vostre domande, ma
ponderate tutto con criterio. Diffidate da cure miracolose e
non leggete tutti gli effetti collaterali dei farmaci, se
somatizzate come la sottoscritta.
In quel caso è meglio non sapere. Ogni persona è a sè e
reagisce in maniera diversa a tutto, alle cure e alla
malattia. Quel che vale per me può non valere per qualcun
altro: focalizzatevi su voi stesse, su quel che sentite, e su
quel che volete.
Amicizie vere e supporto
Per la legge del contrappasso, posso dire di essere stata
sfigata in amore quanto fortunata nelle amicizie. TUTTE le
mie amiche e conoscenti, ognuno a proprio modo e per
quanto potevano, hanno formato una vera e propria “RETE
DI PROTEZIONE” nei miei confronti.
Ognuna mi ha aiutato e sostenuto in maniera diversa, ma
significativa, sia emotivamente,
sia praticamente: ascoltandomi, chiedendomi come stavo,
come andavano le terapie, uscendo insieme,
accompagnandomi alle prime visite e alle chemioterapie.
Ognuna a suo modo, indirettamente, ha contribuito a
darmi sicurezza e a non abbattermi.
Evadere per ricaricare
Appena potete scappate. Fisicamente, ma soprattutto
mentalmente. Siate ligie negli esami, nelle visite
programmate, ma staccate il cervello. Appena riuscite
fate un viaggio, lungo o corto, andate a trovare degli
amici, andate al mare, al lago, in montagna, in un
museo, al centro commerciale, andate dove vi sentite
più a vostro agio per potervi ricaricare e non pensare.
Se riuscite a non pensare stando a casa, guardate un
film, leggete, impegnate la mente in qualcosa di
costruttivo che non siano sempre i controlli, gli esami, le
terapie. Pensate al presente, godetevi il momento
presente nella vostra evasione.
Parte 5:
visite ed esami,
e ancora visite ed esami
Entrare
nel
circuito
“Brest
Unit”
significa
essere
letteralmente
“rivoltata
come
un
calzino”,
dalla
testa
ai
piedi.
Analisi
del
sangue,
risonanze
magnetiche,
visite
senologiche,
ecografie
ovunque
e
di
qualsiasi
tipo,
e
altri
tipi
di
esami
specifici
di
cui
vi
risparmio
l’elenco,
servono
per
capire
il
tipo
di
l’alieno
che
hai
generato,
ma
soprattutto
se
si
è
fermato
li
oppure
se
ha
deciso
di
farsi
un
viaggetto
attraverso
i
tuoi
vasi
linfatici
e
trovare
posti
ancora
più
confortevoli
per
accamparsi
oltre
al
tuo
seno
sinistro.
Un
consiglio
spassionato:
fatevi
accompagnare
da
qualcuno
che
vi
possa
incoraggiare!
Lasciate
i
pesi
morti
a casa, non vi servono in questi momenti.
Le
visite
e
gli
esiti
degli
esami
a
cui
vi
sottoponete
vi
concentreranno
emotivamente
ed
energeticamente.
Se
vi
ritrovate
con
un
marito
brontolone,
lasciatelo
a
casa.
Andate
con
l’amica
o
con
la
cugina
pazza,
o
con
la
vicina
di
casa.
Vi
serve
positività
e
incoraggiamento,
non
un
marito
che
vi
chiede
cosa
preprarerete
a
pranzo
dopo
la
visita!
Parte 6:
dalla quadricectomia
alla mastectomia
Fortunatamente,
l’alieno
che
aveva
piantato
le
tende
nel
mio
seno
sinistro
era
piuttosto
timido,
circoscritto,
e
non
aveva
manie
di
espansione,
Quindi,
dopo
l’ennesima
visita
mi
confermarono
che
il
tipo
di
intervento
sarebbe
stato
una
“semplice
quadricectomia”:
togliere
quello
che
non
era
sano.
Ma
nel
giro
di
un
mese,
dopo
la
fatidica
risonanza
magnetica
che
diede
persino
un
falso
positivo,
passai
da
un
intervento
di
“semplice
quadricectomia”
a
una
“mastectomia
semplice”:
l’alieno
non
aveva
manie
di
espansione,
ma
di
grandezza
si.
Inutile
scrivervi
che
l’idea
non
mi
riempiva
per
nulla
di
gioia,
e
a
proposito
di
riempire,
avrebbero
sostituito,
nello
stesso
intervento,
la
parte
malsana
con
una
bella
protesi
al
silicone,
ovviamente
preparata
ad
hoc
per
la
mia
taglia
e
il
fisico.
Ma
ho
pensato:
si
pulisce
tutto,
ancora
più
a
fondo,
con
meno
rischi
di
recidiva
localizzata
(mi
sono
informata,
come
da
brava
ansiosa,
sia
con
i
medici,
sia
facendo
le
mie
ricerche),
ma
soprattutto
mi
sarei
evitata
la
dolorosissima
mammografia,
almeno su un lato!
Parte 7: andate al blog!
CURIOSITA’
A
volte
il
destino
ha
uno
strano
modo
di
farci
notare
le
coincidenze…
Per
chi
non
lo
sapesse,
Sant’Agata
è
la
protettrice
delle
malattie
legate
al
seno
perchè
è
stata
martirizzata
con
l’asportazione
delle
mammelle.
Ovviamente
i
miei
genitori
decisero
di
scegliere
questo
nome
perchè
era
il
nome
di
mia
nonna
paterna.
Sicuramente
sono
stata
più
fortunata
di
chi
è
stata
chiamata Addolorata!
Pensado
che
mi
sentivo
proprio
in
balia
di
una
tempesta,
come
appassionata
di
cinema
mi
venne
in
mente
un
film
che vidi molti anni fa dal titolo “Agata e la tempesta”.
Una
commedia
leggera
e
divertente,
dove
la
protagonista,
Agata,
era
talmente
piena
di
energie
da
far
saltare
le
lampadine
e
fulminare
i
tostapani.
Ecco,
io
non
sono
esattamente così ma a volte mi ci avvicino!
SANT’AGATA
AGATA E LA TEMPESTA